La nascita del primo geranio


In un’epoca molto lontana, in una terra distante, si trovava una montagna dal nome particolare e suggestivo: la montagna Turchina. La montagna era così chiamata per il colore azzurro della roccia di cui era formata, che alla luce del sole rifletteva bagliori turchesi, e per via della sua altezza. Era, infatti, il più alto tra i monti vicini e la sua cima passava attraverso le nuvole e arrivava a toccare il cielo.  

La montagna non disponeva di terreno fertile. Quel po’ che c’era, era coperto di pietre disseminate ovunque e per il resto, intorno, c’erano solo rocce piene di spaccature profonde. La sua unica sorgente d’acqua si era disseccata da molto tempo ormai e non pioveva da anni. Quando il vento portava foglie da una foresta lontana e semi dai prati degli altri monti, un altro vento arrivava e li spazzava via.

Gli animali erano fuggiti presto da quel deserto perché non c’era più erba, e lo stesso avevano fatto le api, le farfalle, le coccinelle e gli altri insetti, perché non c’era più nemmeno un fiore su cui posarsi. Degli alberi sui cui rami un tempo gli uccelli nidificavano e si posavano per cantare rimaneva qualche tronco rinsecchito. Era veramente una desolazione. Chiunque si fosse avventurato per quella montagna nelle ore calde di una giornata d’estate sarebbe ben presto tornato a valle, alla pianura.  

Ma un giorno il cielo rannuvolò all’improvviso. Stava arrivando un temporale, accompagnato da un vento fortissimo. Cadde molta pioggia, grazie alla quale la terra riacquistò vita. Parte di quell’acqua fu raccolta dalla sorgente, che ricominciò, timida, a scorrere.


Il vento, oltre al temporale e all’acqua, aveva portato anche una miriade di semi di piante grasse che si depositarono nei crepacci, nelle spaccature della roccia e nei ripostigli più nascosti e impensati del monte.

In poche settimane, la montagna Turchina si trasformò in un giardino meraviglioso: dalle rocce spuntarono cactus e altre piante grasse dalle foglie verdi e d’argento e dai fiori bianchi, gialli, rosa e rossi. La montagna turchina tornò a essere costellata di fiori. Il terreno arido e deserto era diventato un giardino.

Ma la montagna si ricordava di quando era coperta di erba e prati fioriti e voleva tornare ad averne. Ne aveva nostalgia. Il sole aveva sentito i lamenti della montagna. «Preparami un po’ di terra», le disse, «e io vedrò, col mio calore, di farvi nascere e crescere fiori».

La pioggia aveva rinverdito alcune aree e la montagna sapeva bene che erano ideali, come posizione, per farvi nascere dei fiori. La sorgente poteva irrigarle. Mancava solo un po’ di terriccio soffice, che facesse da morbido tappeto ai semi. A questo pensarono le piantine grasse sparse tutt’intorno. Quando le loro foglie carnose cadevano a terra e i loro fiori appassivano, il vento le spazzava dove la montagna aveva deciso di crescere i nuovi fiori. In poco tempo, la terra divenne fertile, friabile e profumata.

Quando la Montagna ebbe preparato il suo tesoro richiamò il sole, che le chiese: «Puoi dirmi quali fiori vorresti?»

«Voglio dei fiori che nascano da una pianta senza spine, senza un solo pelo ruvido, che abbia le foglie simili al velluto, che sia dolce e morbida da accarezzare. Una pianta che non sia troppo alta né altezzosa, ma ben sviluppata e graziosa. Desidero che questa pianta dia fiori di color rosso scarlatto, bianco e rosa, per rallegrare quest’ambiente che è stato grigio e arido per tanto tempo», rispose la montagna.

Il sole si stupì della sua richiesta, aveva pensato che la montagna desiderasse fiori più appariscenti. Ma fu ben felice di provvedere.

«Sono lieto di accontentarti: ti darò il geranio», promise il sole. E fu così che, qualche settimana dopo, il sole fece nascere sulla montagna Turchina i gerani come detto, dalle foglie profumate e dai fiori i cui colori offrivano dolcezza, calore, luce. 

Commenti

  1. Sono rimasto davvero entusiasta...è bellissima! La storia della montagna Turchina, stupendo. Bravissima, mi hai emozionato tantissimo! Riuscivo a vedere ciò che avevi descritto.⭐🌸⭐

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    1. Grazie Giuseppe! <3 <3 <3
      Ogni volta che scrivo un racconto, lo immagino a lungo, me lo prefiguro, perché così so di poter trasmettere emozioni (e mi emoziono anch'io!!).

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